MRUV Project Aps
“HOMINES DUM DOCENT DISCUNT”
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PEC: mruvprojectaps@pec.it
Per Info: info@mruv.eu
Il Mar Mediterraneo, pur ricoprendo appena l’1% della superficie degli Oceani del mondo, è capace di fornire il 20% del prodotto marino mondiale lordo, esso infatti, gode di una ricca biodiversità, ospitando quasi l’8% della biodiversità marina globale, peculiarità per cui viene considerato uno dei più importanti ecosistemi del pianeta.
Negli ultimi decenni, a causa dell’intensificazione degli effetti del cambiamento climatico – tra cui il surriscaldamento globale – si è assistito ad un aumento delle temperature globali, a cui non fa eccezione quella del Mar Mediterraneo, la quale è aumentata il 20% più velocemente rispetto alla media globale, portando conseguentemente a una progressiva e repentina perdita di biodiversità.
Il depauperamento della sua ricchezza è aggravato inoltre dall’inquinamento (si pensi all’utilizzo di combustibili fossili nel trasporto marittimo così come alla quantità di rifiuti, derivanti del settore ittico, come le cosiddette “reti fantasma”) oltre che da altre numerose attività antropiche; tra cui la pesca intensiva che ha fortemente contribuito alla distruzione dei fondali marini e all’alterazione delle canoniche capacità di rigenerazione degli stock ittici.
La creazione e l’utilizzo di una nave da ricerca condivisa permetterà la raccolta sistematica di un’ampia gamma di dati, contribuendo allo sviluppo di sistemi comunitari per il monitoraggio del mare, la cui attuale inadeguatezza è stata sottolineata più volte dall’Unione Europea, sia in occasione del progetto EuroSea (lanciato nel 2019), sia in occasione dell’approvazione di Horizon EU nel 2020.
La creazione di un database comunitario composto da dati affidabili (sia a carrattere quantitativo che qualitativo) è essenziale per la comprensione di sistemi complessi, come l’ecosistema marino e per l’elaborazione di piani di azione efficaci che ne possano garantire una governance sostenibile.
La lingua non è sufficiente a dire né la mano a scrivere tutte le meraviglie del mare.
I dati sono più che chiari. Dobbiamo monitorare e proteggere le risorse naturali del Mar Mediterraneo se vogliamo avere la speranza di non oltrepassare quel limite ultimo, oltre il quale, qualunque intervento sarà vano e la possibilità di ripristinare l’equilibrio illusorio.
La tropicalizzazione del Mar Mediterraneo ha portato allo spostamento di numerose specie aliene dalle zone più calde, le quali non avendo predatori naturali, stanno intaccando indisturbate le foreste algali esistenti, trasformandole in “deserti marini”. Specie aliene, tra cui anche alcuni protozoi parassiti, sono responsabili dello sterminiodi circa il 95% delle popolazioni di Pinna Nobilis, il più grande mollusco dei nostri mari (chiamata anche la regina del mediterraneo); ad oggi pericolosamente vicino alla sua soglia di estinzione.
La dispersione rifiuti organici e fertilizzanti agricoli ha portato alla proliferazione di alghe marine, che hanno creato, in corrispondenza di alcune aree, le così dette “zone morte”; zone contenenti delle concentrazioni di ossigeno così basse da precludere la sopravvivenza a diverse specie marine.
La dispersione rifiuti organici e fertilizzanti agricoli ha portato alla proliferazione di alghe marine, che hanno creato, in corrispondenza di alcune aree, le così dette “zone morte”: zone contenenti delle concentrazioni di ossigeno così basse da precludere la sopravvivenza a diverse specie marine.
Di spopolamento a Venezia se ne parla da anni. Secondo le ultime stime del Comune di Venezia i posti letto a disposizione dei turisti sono pari al numero di abitanti nel centro storico.
La comunità veneziana si è inesorabilmente spostata verso la terraferma a causa del rincaro affitti; fattore che ha contribuito alla chiusura di diverse attività commerciali. Inoltre, la recente esplosione della pandemia mondiale di Covid-19 ha messo nuovamente a dura prova la città, ponendo l’attenzione ancora una volta su quanto il suo modello economico sia attualmente in-sostenibile.
Per “ritrovare” Venezia è necessario agire ora, adottando uno sguardo di lungo termine che le permetta di tornare a vivere dinamicamente e non solo come fosse un “museo a cielo aperto”. Una città la cui storia, ricchezza e unicità sono legate indissolubilmente al mare. Un mare che ora rappresenta soprattutto una minaccia per quella città che più di tutte con le acque aveva saputo essere una cosa sola.
Tuttavia, è forse proprio in un riscoperto rapporto tra mare e ricerca che potrebbe celarsi una sua nuova, inaspettata, rinascita.
La costruzione di questa nave e del suo headquarters permetterebbe a Venezia di emergere come centro di riferimento europeo per la ricerca marittima e subacquea, consentendole di attirare ricercatori e figure professionali ad elevata specializzazione, che darebbero nuova vita alla città.
Venezia può morire se perde la memoria, se non sapremo intenderne lo spirito e ricostruirne il destino. La memoria storica delle nostre città non richiede la stasi, esige il movimento. Non predica l'imbalsamazione, esalta la vita. Un movimento che rispetti il codice genetico delle città.
La fragile bellezza di Venezia rischia di scomparire sotto il livello del mare, che, irriducibile, aumenta di pari passo con l’accelerazione del cambiamento climatico innegabilmente in atto. L’avviamento di questo ambizioso proggetto cercherà di ergere Venezia a simbolo delle tante città costiere che ad oggi sono minacciate dal mare. Città che oggi possono scegliere di non affondare sotto il peso di un destino inesorabile, ma che sapranno servirsi dell’elemento che oggi più le minaccia per risorgere come attori di un cambiamento globale
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Inquinamento dell’aria
Inquinamento dell’acqua
L’importanza di un profondo multilateralismo nella ricerca scientifica è stata più volte sottolineata da diversi organismi internazionali in questo periodo di pandemia, la cooperazione risulta la via necessaria da percorrere per riuscire a rispondere alle sfide globali di questo tempo; come sottolineato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite:
“Viviamo in un mondo in cui le sfide globali sono sempre più integrate e le risposte sempre più frammentate: se tutto questo non viene invertito, avremo una ricetta per il disastro"
Per questa ragione risulta fondamentale scegliere di strutturarsi fin dall’origine come un ambiente prettamente multidisciplinare.
La stretta convivenza all’interno della nave (o dell’Headquarters a terra) da parte dei team di ricerca eterogenei, permetterà di creare un ambiente dinamico e inclusivo stimolando l’interazione, la contaminazione di idee e l’emersione di nuove possibilità, elementi essenziali nel processo di innovazione.
La visione sottesa a questa scelta è quella di portare il progetto MRUV ad essere terreno fertile per il comportamento emergente.
L’ emergenza (o comportamento emergente) è proprio di sistemi complessi, come quello che si intende sviluppare in questo ambiente, dove l’insieme dei membri di un gruppo genera proprietà diverse dalla semplice somma di quelle dei suoi componenti.
La presenza di questa componente all’interno di un gruppo di individui è spesso responsabile del successo di alcune organizzazioni visionarie nell’affrontare tematiche di grande rilevanza e complessità umana e tecnologica.
Uno dei fenomeni più complessi ad oggi studiato è il cambiamento climatico. La sua complessità dipende, in maggior misura, dalla numerosità delle variabili che ne sottendono le dinamiche e dalle loro complicate interdipendenze, essa inoltre aumenta qualora si voglia studiare gli impatti che il cambiamento climatico ha sugli ecosistemi, i quali sono ambienti complessi a loro volta.
Le difficoltà derivanti dalla complessità del fenomeno studiato si sommano alla limitatezza dei metodi di ricerca ad oggi impiegati che, come dimostrano alcune ricerche, spesso è imputabile al basso grado di multidisciplinarietà del team di lavoro, fattore che spesso conduce ad errori nei risultati di ricerca.
Le innovazioni, nel complicato mondo della scienza, possono scaturire solo dalla collaborazione
Di conseguenza, riteniamo che la nave possa essere uno spazio adatto a stimolare la cooperazione e ad incentivare il trasferimento di conoscenze e competenze, oltre che creare le condizioni per il manifestarsi dell’emergenza, tutti elementi fondamentali per affrontare scenari complessi, volatili e imprevedibili, e conferire al team la flessibilità necessaria ad individuare soluzioni efficaci.
Se lavorando separatamente siamo stati abbastanza forti da destabilizzare il nostro pianeta, sicuramente lavorando insieme saremo abbastanza potenti da salvarlo.
L’eterogeneità dei membri del team, dal punto di vista professionale, si dimostra indispensabile al fine di poter godere di una conoscenza integrata attraverso cui cogliere la complessità del fenomeno studiato e analizzarne gli effetti, che interessano non solo il mondo biologico ma la società nel suo complesso.
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